
Ieri Apple ha presentato i primi tre Mac con il nuovo M1, un chipset basato sulla stessa architettura ARM dei processori di iPhone e iPad. Ecco sei motivi per cui è un’ottima notizia.


Chi usa il Mac e segue le vicende Apple da un po’ di tempo, probabilmente ricorda bene il passaggio dai processori PowerPC a quelli Intel, un processo durato circa due anni e annunciato da Steve Jobs alla conferenza Macworld del 2005. Fu un cambio epocale, una di quelle rare decisioni che cambiano l’intera faccia di un mercato. Dopo 15 anni, con i chip per desktop Intel che faticano a garantire salti generazionali abbastanza rilevanti, proprio come i chip Power PC dei primi anni 2000, Apple ha deciso di cambiare ancora architettura, avviando un processo analogo alla transizione del 2005. Questa volta però l’azienda non collaborerà con un altro produttore, ma ha racchiuso tutta l’esperienza sviluppata negli ultimi 10 anni con l’iPad e l’iPhone nei nuovi chip della serie M, a partire dall’M1 che arriverà la prossima settimana su MacBook Pro, Mac mini e MacBook Air. Se il passaggio a Intel è stato un periodo di relativa incertezza per molti utenti per almeno un paio d’anni, questa transizione promette invece di essere particolarmente fruttuosa per i Mac user fina da subito. Ecco perché
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