Salvador Mundi, il dipinto più pagato al mondo è in realtà un nuovo codice Da Vinci

Sembra ci siano novità sul Salvator Mundi in favore della sua attribuzione a Leonardo da Vinci, ma il mistero sorto attorno a quest’opera è tutt’altro che risolto. Tutti gli sviluppi sulle tecniche stilistiche, le attribuzioni, le compravendite e le sparizioni di una tra le opere più discusse degli ultimi anni.

di Francesca de Paolis – 12 Gennaio 2020 (Lintellettualedissidente.it)

Nuovi sviluppi sul quadro più costoso della storia, il Salvator Mundi attribuito a Leonardo Da Vinci: la sfera di cristallo sulla mano sinistra del Cristo non è solida, ma vuota. Questo spiega le linee deformate dipinte sul globo celeste.

Appena usciti dal cinquecentenario dalla morte di Leonardo, con il 2020 si va incontro a quello di Raffaello, ma Da Vinci non demorde. Dopo il gran trambusto attorno al Cenacolo e alla Gioconda – fomentato da best-seller che la critica relega al rango di bassa letteratura – il genio del pennello fa parlare ancora di sé e questa volta con un altro quadro al centro di molti misteri. Da più di dieci anni infatti il Salvator munditiene viva la querelle tra storici dell’arte e collezionisti. A non convincere è, per molti, il modo in cui le pieghe della veste del Cristo sono rese attraverso le trasparenze della sfera. Leonardo fu scienziato e dedicò i suoi studi anche all’ottica della rifrazione come è emerso dai suoi taccuini. Possibile che i riflessi di un solido vitreo siano stati resi in maniera così grossolana?

La spiegazione arriva da un team della University of California che fa capo a Marco Lian. La sfera in questione non sarebbe solida, ma cava, con un raggio di 6.8 cm e Leonardo l’avrebbe raffigurata a una distanza di 25 cm dal corpo del Salvatore. Dettagli piccoli, ma significativi: chiarirebbero perché il pittore abbia offuscato quel punto del dipinto in cui la quinta piega dell’abito entra nella sfera, dimostrandosi consapevole del modo in cui un volume vuoto di questo tipo dilati le linee rette che gli passano dietro. 

Ma per capire meglio quanta tensione stia creando il Salvator mundi nelle accademie d’arte, sul mercato mondiale, nelle gallerie e anche nelle case editrici – considerato che sono stati già pubblicati libri sulla ricostruzione della lunga storia del quadro – occorre fare un grande passo indietro. 

È il 5 marzo 2008, Regno Unito. Martin Kemp, professore di storia dell’arte all’università di Oxford, uno dei massimi esperti di Leonardo da Vinci, riceve un’email da Nicholas Penny, direttore della National Gallery di Londra: “Martin, ho qui qualcosa che devi assolutamente vedere”. Il professor Kemp si precipita e nella stanza dei restauri del museo, posto su un cavalletto di legno, ecco il quadro che mostra un Cristo in abiti rinascimentali; la mano destra è benedicente, la sinistra tiene un globo di cristallo di rocca. È il “Gesù salvatore del mondo e signore del cosmo”, tema iconografico tipico dell’arte cinquecentesca. 

“Quando ho visto il Salvator mundi ho avuto una reazione quasi fisica, ho sentito una presenza, la stessa che provai di fronte alla Monna Lisa”, ha ricordato Kemp l’anno scorso ad una conferenza al St. Catherine’s College dell’università di Oxford. C’è da notare che sono più di cento anni che un nuovo Leonardo non viene alla luce. Un mancamento da sindrome di Stendhal sarebbe più che lecito.

Dopo alcuni studi Kemp si convince che si tratta di un Leonardo autentico. Il suo giudizio è condiviso da altri e così si ha un nuovo episodio di quella che sembra un’autentica fiera dell’Est. Nell’800 infatti l’opera era attribuita alla scuola di Giovanni Boltraffio, pittore milanese del primo rinascimento e allievo di Leonardo, poi fu promossa a opera di Bolfraffio e venduta a un’asta a Londra nel 1958, per 45 sterline. Ma nel 2005 fu comprata in Louisiana da Robert Simon, mercante d’arte di New York, per 1.175 dollari. Con il beneplacito di Kemp il Salvator Mundi entra da poco nel vero e proprio canone leonardesco e subisce ulteriori compravendite, diventando il quadro più costoso del mondo. “Il mercato dell’arte è una giungla senza regole”, aveva detto l’esperto e non aveva torto, se si considera in quale selva il dipinto è finito per inoltrarsi. Gli ultimi passaggi di mano sono salatissimi e nonostante le novità dalla California University i diverbi sull’autenticità restano agguerriti, tanto che il Louvre di Abu Dabhi, frontiera artistica degli Emirati Arabi Uniti, dopo aver annunciato l’esposizione del quadro, non mantiene la parola data e nel frattempo il dipinto è svanito nel nulla!

Nel 2011 la National Gallery di Londra aveva deciso di includere l’opera nella grandiosa mostra Leonardo da Vinci, pittore alla corte di Milano, riscuotendo un tale successo che i biglietti sono stati venduti da siti pirata per cifre vertiginose (fino a 400 dollari!). Fenomeni come questi permettono di constatare come il mercato dell’arte dimostri, in tutta evidenza, che apprezzamento e prezzo non sono così disgiunti come si vorrebbe. 

Leonardo Da Vinci, autoritratto 1510-1515

È nel maggio del 2013 che Simon, il vecchio proprietario, vende il Salvator mundi all’uomo d’affari di un ricco collezionista russo per 127,5 milioni di dollari. Ma durante un party sul suo yacht Rybolovlev, il russo, scopre che il suo agente acquisisce le opere a prezzi molto più bassi di quelli che gli riferisce, intascandosi il grosso del guadagno. Rybolovlev lo denuncia per frode e poco dopo Simon fa lo stesso. Le cause sono tutt’ora in corso in diversi paesi del mondo e le autorità svizzere hanno bloccato alcuni beni del truffatore.

Si arriva quindi al novembre 2017 quando Rybolovlev, forse desideroso di lasciarsi la sgradevole vicenda alle spalle, si vuole liberare del quadro e affida l’opera a Christie’s. La casa d’asta allora decide di sfruttare al massimo lo status di celebrità dell’unico Leonardo presente in una collezione privata: organizza un tour mondiale che tocca Hong Kong, Londra, San Francisco e New York: più di 27mila persone vedono l’opera. Una di loro la compra, battendo i record, per 450 milioni di dollari.

Christie’s non rivela il nome del compratore, ma le voci corrono in fretta: l’acquirente è un principe, Bader bin Abdullah al Saud. Da fonti dell’intelligence americana citate dal Wall Street Journal emerge che il vero acquirente sia Mohammed bin Salman, figlio del re saudita e uomo forte del regime, noto come Mbs e di recente citato in relazione all’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi il 2 ottobre 2018, nel consolato saudita in Turchia. Bader è comunque molto legato al principe reggente e, quando il New York Times sta per svelare il suo nome, nel dicembre 2017, il museo di Abu Dhabi annuncia che l’opera è destinata alle sue collezioni, e Bader viene nominato ministro della cultura dell’Arabia Saudita. È autenticamente incredibile quello che un quadro abbia potuto smuovere dalle poche sterline del ’58 al “sì” di Kemp, massimo esperto, dall’arresto di un frodatore alla nomina di un uomo di potere arabo a ministro della cultura quasi per darsi un tono nel mondo dell’arte.

Mohammed bin Salman

Il dibattito sull’attribuzione non si placa. Nella recensione della mostra del 2011 sulla New York Review of Books, l’ex direttore dell’istituto Warburg aveva concluso diffidente che il Salvator Mundi:

anche tenendo conto del pessimo stato di conservazione, è una composizione mediocre ed è difficile credere che Leonardo abbia prodotto qualcosa di così noioso.

E se il problema della sfera con gli studi californiani sembra essere risolto, restano aperti altri interrogativi. In questo enigmatico dipinto Cristo è raffigurato come frontale e ieratico, mentre i critici ricordano che la cifra stilistica di Leonardo è la capacità di catturare corpi in movimento.

Per la disperazione qualcuno si arrende, andando a sminuire l’artista: la figura del Leonardo “genio” è tutto un mito costruito a tavolino da Mussolini. Sembra una fake news, una trovata da bar, ma non è così. In effetti nel ’39 al Palazzo dell’arte di Milano, sede della Triennale, dal 9 maggio al 30 settembre, fu esposta la Mostra di Leonardo da Vinci e delle invenzioni italiane. Grande evento espositivo e storico, in cui vennero presentati molti dipinti, disegni, codici e furono costruiti per l’occasione numerosi modelli di macchine leonardesche, tratti dai suoi disegni. Piaceva l’idea di mettere al confronto i risultati della scienza e della tecnologia italiana. Dunque lo zampino del fascismo c’è stato davvero! Perché non ci manchi nulla doveva esserci anche un risvolto politico a colorire la vicenda rocambolesca del Salvator Mundi e la rassegna del ’39 avrà contribuito senz’altro a rendere pubblica la grandezza dell’artista, ma non ha certo costruito un mito. Leonardo Da Vinci è sempre stato un grande maestro, già da quando, ancora apprendista, dipingeva qualche figura nel Battesimo di Cristo del Verrocchio.

E, a proposito di apprendistato, Nicholas Penny, il direttore della National Gallery, nella famosa email del 5 marzo 2008 a Martin Kemp, specificava: 

Alcuni di noi ritengono che ci possano essere parti dipinte dalla bottega.

Arriva poi una nuova soffiata: la casa d’aste Christie’s sostiene che il Salvator mundi sarebbe stato commissionato dal re di Francia Luigi XII, anche se non ci sono documenti che lo confermano. Perché sostenere questa destinazione dell’opera senza delle fonti che possano supportarla? Perché il miliardario russo ha voluto sbarazzarsi del quadro? Perché tanto interesse per un dipinto non ancora ritenuto autentico dall’unanimità degli storici dell’arte? Perché spingersi a sborsare una cifra cosmica in una situazione tanto incerta? Pare che che si sia passati in soli 19 minuti dal prezzo base di 100 milioni al quello finale di 450. Perché il Louvre in un lasso di tempo piuttosto ristretto ha annunciato l’esposizione del dipinto nelle sue sale e poi torcendo il naso ha fatto un passo indietro? 

Ma soprattutto che fine ha fatto il Salvator mundi? Sappiamo che il museo di Abu Dhabi avrebbe dovuto esporre l’opera nell’autunno del 2018, ma, con un Tweet del 3 settembre, il ministero della cultura ha annunciato che la presentazione è stata rinviata. Oggi non si sa né se né quando il Salvator mundi vedrà la luce del sole. Dipendenti del museo hanno fatto capire che non sanno dove sia finito. A questo punto due sono le ipotesi plausibili sulla scomparsa del quadro: la prima è che il museo abbia dei dubbi sull’autenticità. La seconda è che il proprietario abbia deciso di tenere per sé l’opera, che adesso si trova appesa sulla parete di una sua proprietà di lusso. Alcuni tra i più malfidati suggeriscono che la scomparsa dell’opera sia legata alle intenzioni di voler soffocare le risa di uno smacco esagerato: il quadro più caro al mondo non è che il dipinto di un pittore minore e ignoto e l’autorevolezza di Kemp non ha convinto neppure il Louvre arabo.

Andrea del Verrocchio, il Battesimo di Cristo 1475-1478

Alcuni sono arrivati a pensare che lo stesso professor Kemp sia stato corrotto e dunque portato a dirsi certo di un’attribuzione fasulla. Ma per quali fini? Favorendo chi? Si ha l’impressione che da dietro le quinte qualcuno stia tirando i fili di molte marionette e il paradosso è che tutti noi, spettatori involontari o volontari, collezionisti, mercanti d’arte, direttori dei musei, storici e critici, studiosi o semplici turisti, esteti e amanti del bello, abbiamo bisogno, per capirci qualcosa, di qualcuno che ci salvi, di un Salvator Mundi per l’appunto… che non c’è.