
“NON so cosa mettermi!” Avete già sentito questa espressione? Le odierne case di moda, naturalmente, sono sempre pronte ad aiutarvi — o a confondervi ancora di più le idee — con le loro ultime novità.

A complicare ulteriormente le cose, oggigiorno possiamo essere incoraggiati a vestire non con eleganza ma in modo trasandato. Di questa tendenza inversa degli anni ’90 un editoriale sulla moda dice: “Può essere confortante sapere che indossare abiti un po’ macchiati, vecchi, consumati e stinti è non solo appropriato ma attraente”.
Un recente studio pubblicato sul mensile scientifico PSPB dimostra che il look rivela molto del nostro carattere e influenza il modo in cui gli altri si relazionano con noi.

Un vestito, un piercing, un tatuaggio o un taglio di capelli non possono certo dire chi siamo, d’altronde l’abito non fa il monaco. Ma sono parti integranti della nostra personalità e rappresentano il modo in cui vogliamo mostrarci al mondo. La scelta dell’abbigliamento, ma anche di un gioiello o di un profumo non sono mai casuali e trasmettono una grande quantità di messaggi sulla cultura, l’età, il sesso.
Il look, simbolo di epoche storiche, rappresenta sempre i cambiamenti sociali, la nascita di nuovi ceti, il grido di giovani in protesta.
Lo stile può sembrare una cosa banale, ma ha rivestito nella storia un’importanza fondamentale. Di recente è nata infatti la storia della moda, una disciplina che studia l’origine, le cause e l’evoluzione dell’abbigliamento nel corso dei secoli.

Un tempo la cura dell’abbigliamento e dell’immagine personale indicavano l’appartenenza a un ceto sociale elevato, rimarcavano la distanza tra ricchi e poveri. Dopo lo scoppio della Rivoluzione Francese, i cui ideali egualitari si riflessero anche sulla moda, la sobrietà dei costumi sostituì parrucche, stoffe preziose e tessuti ricamati. Le cronache europee dell’Ottocento testimoniano che all’epoca risultava sempre più difficile cogliere le differenze sociali nell’abbigliamento, maschile in particolare. Con l’avvento dell’industrializzazione, la produzione in serie degli abiti ha progressivamente sostituito l’opera delle sartorie, generando uniformità tra strati sociali.
Oggi il prezioso mestiere del sarto è considerato ormai obsoleto. Il mondo della moda è dominato da catene di negozi e multinazionali presenti ovunque. Un giovane italiano ha dunque gli stessi vestiti di un giovane indiano, o argentino, o norvegese, o kenyota. Se da una parte la globalizzazione dei costumi ha abolito le differenze sociali, dall’altra ha impoverito le tradizioni dei popoli favorendo l’omologazione delle nuove generazioni.

In un tale contesto basta poco per differenziarsi. Nel tempo si sono sviluppati tanti stili diversi e talora contrapposti, ciascuno simbolo di una corrente artistica o ideologica, o addirittura di una sottocultura. Basti pensare alla corrente emo, che privilegia la sfera emozionale e le tinte più malinconiche e nostalgiche dell’animo umano. Lo stile di tale corrente è caratterizzato da toni prevalentemente scuri, dal viola al blu notte al nero. La scelta del colore si riflette sull’abbigliamento, sul trucco e sull’acconciatura. I capelli sono tenuti lunghi, spesso con un ciuffo che copre gli occhi e con ciocche colorate.
E’ evidente che i colori rivestono grande importanza nella scelta del look. Lo studio infatti dimostra che essi parlano del nostro carattere più di quanto si possa credere.
Toni forti come il rosso, il giallo, l’arancione o il bianco sono indici di una personalità forte e di grande stima in se stessi. Verde, marrone e blu sono indossati da persone dal carattere riservato che non amano apparire. Il viola sembra invece essere l’espressione degli animi sensibili, che apprezzano le piccole cose e nutrono interesse per gli aspetti più nascosti. Infine il nero, che comunica una grande varietà di messaggi: può esprimere eleganza ma anche riservatezza. E’ un colore universale, adatto per qualsiasi occasione e indossato un po’ da tutti, per questo talvolta esprime conformismo.
Quando ci si esprime attraverso il look, viene a galla il proprio grado di sicurezza, spontaneità e creatività.
Chi abitualmente veste con tute, jeans e felpe larghe, soprattutto di colori scuri, sembra volersi mimetizzare per proteggersi dal mondo. Vi sono poi coloro che tendono a distinguersi e apparire, quasi a voler attirare l’attenzione. Indossare abiti aderenti dai colori sgargianti con naturalezza è segno di disinvoltura e sicurezza di sé.
La cura dell’immagine è fondamentale nel processo di maturazione e affermazione dell’identità, ed è particolarmente rilevante nell’adolescenza. Come afferma Maria Antonella Costantino, direttore di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza al Policlinico di Milano: “Per gli adolescenti il modo di vestire è davvero rilevante, perché li aiuta a creare in maniera autonoma la propria identità. E’ anche un modo per mettere alla prova gli adulti e capire se l’immagine che vogliono comunicare, che spesso sfocia appositamente nel provocatorio, è tollerata o meno“.
Il modo di vestire ha un forte impatto sugli altri e genera empatia.
Un ulteriore studio condotto dalla University of Virginia ha rivelato che il nostro livello di empatia cresce nella misura in cui il modo di vestire altrui è simile al nostro. Inoltre, il comportamento degli altri cambia a seconda del contesto in cui viene sfoggiato un particolare look. Per questo in determinati ambienti quali scuole, uffici, tribunali, luoghi di culto o d’arte sono richiesti particolari dress-code conformi all’importanza del luogo.
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