Le carte e i verbali della tragedia consumata il 13 giugno 2017. Dalla speranza all’impotenza


VENEZIA «Gloria sembrava soddisfatta dell’appartamento. Disse che là stavano bene. Accennò al bagno incompleto e a qualche lavoretto da fare. Quando mi raccontò dell’appartamento, dissi solo un “ma non potevate trovare qualcosa di un po’ più basso?…». Commissione d’inchiesta sul rogo della Grenfell Tower, audizione testimoniale di Loris Trevisan, 1 giugno 2018. A leggerle ora, le parole del padre di Gloria, morta con il fidanzato, Marco Gottardi, e altre settanta persone nell’incendio dei 24 piani a North Kensington, Londra, danno una sensazione di freddo, di sinistro presagio. Gli atti della commissione sulla tragedia del 13 giugno 2017, depositati parlamento e divulgabili dal 30 ottobre, aprono le porte a una storia tremendamente umana. Dolore, rimpianti, coincidenze, negligenze, domande ma anche compostezza, dolcezza… É l’ultima pagina di due veneti di 26 e 27 anni, architetti volati a Londra in cerca di lavoro e vita dignitosa, normalità che l’Italia, il Veneto, a troppi non regala più. É la storia di Gloria e Marco, lei di Camposampiero, lui di San Stino di Livenza, fidanzati volati via troppo presto, nelle parole di chi li ha amati: i familiari. C’è anche un padovano che, dall’inferno verticale, è scappato: Antonio Roncolato, 59 anni, capo sala di ristorante, nella City dall’84, si è salvato per aver detto no, alla fine, al suggerimento dei soccorritori: «Stay put», tappati in casa. Sliding doors. «Ricorderò per sempre questo giorno, perché è l’anniversario del mio matrimonio e ora per altro…». Loris Trevisan parla agli inquirenti: «Mia moglie aveva chiesto a Gloria di tornare in Italia per il nostro anniversario; rispose che preferiva tornare per il compleanno di Marco, la settimana dopo. Avevano comperato i biglietti d’aereo per il 21 giugno, giovedì…». Il padre della ragazza ricorda le immagini della torre in fiamme alla tele: «Ero devastato. Volevo morire. Se avessi avuto una pistola mi sarei ucciso».
Slancio e nostalgia
«Gloria e Marco fecero un piano di vita insieme», ricorda, in audizione a Londra, Emanuela Disarò. «Non sarebbero stati felici solo sopravvivendo», dice la madre della giovane donna. «Mia figlia mi raccontava dell’incredibile vista su Londra dall’appartamento, ma le mancavano casa, il sole e la famiglia…». Nella torre. I due ragazzi vanno a Londra il 4 marzo 2017. All’inizio – sempre mamma che racconta – vivono a casa di inglesi, migliorano la lingua, poi vanno da un cugino di Marco. A fine mese cercano casa: la trovano al 202 di Grenfell Tower. Il giorno del rogo i Trevisan erano andati a Jesolo: «Da una foto che mi ha mostrato la polizia so che Gloria è rientrata alle 19.55, con Marco. Insieme hanno preso l’ascensore per il piano 23». In piena notte ragazza chiama casa; sono le 2.34, il padre risponde ma non sente nulla. Gloria richiama. Emanuela pensa agli auguri di buon anniversario, ma c’è altro: «Mi dice che è scoppiato un incendio ed è spaventata. É stata svegliata da colpi alla porta». Sono due vicini dai piani sotto, invitati dai pompieri a salire per fuggire alle fiamme: «Ho saputo dalla polizia che sono rimasti nell’appartamento fino all’arrivo del fuoco. Sono morti vicino a Gloria e Marco».

La voce dell’incubo
«Gloria e Marco aprono la porta e vedono che dal pavimento sale fumo denso e scuro». La madre chiede alla figlia, terrorizzata, di passarle il fidanzato, «equilibrato, mai eccessivo». Lui rassicura: «C’è un sacco di gente dabbasso, tutto pare sotto controllo». «Mi ha calmato – riprende Trevisan – ricordandomi che i pompieri erano già arrivati». Il telefono torna alla figlia e la madre suggerisce: «Prendi un asciugamano, mettitelo sulla bocca e scendi». Risposta: «Impossibile, c’è troppo fumo». Ancora: «Li ho sentiti dire: “Ci hanno detto di stare in casa”, ma non so a chi si riferissero». Nei 30 minuti e 53 secondi di chiamata la madre torna a suggerire la discesa: «Metti in tasca i documenti e andate giù». Gloria racconta «che la porta è rovente e Marco ha messo un asciugamano bagnato per fermare il fumo». Alle 3.08 italiane Gloria dice addio alle amiche: messaggio vocale nella chat che le unisce, poi richiama casa. «Non sapeva cosa fare e mi ha detto: non è un piccolo incendio». Il telefono della ragazza inquadra il fuoco oltre le finestre. La madre vede «autopompe e luci e fiamme, ma non so da che parte». L’ultima chiamata è delle 3.45: 22 minuti al vivavoce, che il padre registra col suo cellulare. «Qui capisco che non ci sono più speranze», dice Emanuela. Gloria: «Sto per gettarmi dalla finestra, il fuoco è ovunque». Il calore fa esplodere le vetrate. «Ci serve un miracolo», urla la ragazza. «Ripeteva di scusarla per esser andata via e averci lasciato». Mamma si sente svuotare, la figlia ripete: «Non vedo niente dalla finestra, non c’è un elicottero che ci viene a prendere, nulla». Gloria, ora, vuole chiudere la chiamata: «No, non farlo, passami Marco». Ma il fidanzato è al telefono coi suoi, per l’addio. «Ciao mamma, ciao papà. Ora voglio solo restare con Marco». All’ultimo piano, una porta con lucchetto impediva l’accesso al tetto della Grenfell: nessuna speranza.

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