Quando entri in carcere, la prima reazione è quella di indossare una maschera. Come se quella non fossi tu, metti la tua vita in stand by, nell’attesa di uscire. Potresti solo svegliarti, mangiare, tornare a letto. Ma a un certo punto in me è scattato qualcosa, ho capito che pian piano dovevo aprirmi, era necessario intraprendere un percorso. Perché la mia vita è anche questa e devo affrontarla». Sonia, con un passato da imprenditrice, parla dal giardino interno di San Vittore, sezione femminile, e mentre lo fa tiene in mano un pacchetto di sigarette e una macchina fotografica.
Intorno a lei c’è un piccolo gruppo di volontari, cittadini, tutte donne. Donne come lei, come Elisa ed Elena, che a qualche metro di distanza stringono altre reflex. A scattare sono un po’ tutti, ma le più esigenti sono loro tre. Cercano la luce giusta, tra gli alberi e le panchine del cortile, ti chiedono di metterti in posa ma non troppo. «Le foto più belle sono quelle spontanee», sostiene Sonia, a San Vittore da due anni.
È il secondo workshop, in poche settimane, organizzato all’interno del carcere milanese, fa parte di un progetto più ampio. Un vero set fotografico è entrato per la prima volta all’interno del reparto femminile, la regista e fotografa Cinzia Pedrizzetti ha immortalato otto detenute all’interno delle loro celle, e non solo. Il risultato – sedici ritratti inediti (e insoliti) – sono diventati una mostra (PosSession), visibile alla Triennale di Milano fino al 28 luglio, grazie alla collaborazione tra il direttore «illuminato» della casa circondariale San Vittore Giacinto Siciliano e Stefano Boeri, direttore della Triennale. Le otto detenute, oltre a lasciarsi fotografare (con gli abiti di scena e non) e a imparare a farlo, hanno preso parte a un laboratorio teatrale ispirato ai diari di Frida Kahlo, di cui alcuni passaggi sono stati riscritti e reinterpretati dalle detenute stesse. Lo spettacolo Diarios de Frida, diretto da Donatella Massimilla del CETEC, è andato in scena nel giardino della Triennale il 23 luglio alle ore 21. Quelle stesse donne – per una sera – sono state così protagoniste delle mostra, attrici – molto emozionate – sul palco (grazie a un permesso speciale) e a loro volta hanno scattato altri ritratti ai milanesi presenti. Pedrizzetti e Siciliano hanno già in mente una nuova mostra. «Da molti anni lavoro nelle carceri e credo che il recupero delle persone passi attraverso la creatività», spiega il direttore, che prima di San Vittore è stato responsabile di Opera. Solitamente quando una persona viene arrestata, gli altri applaudono. Per lui sono importanti altri tipi di applausi: «Quelli giusti, quelli meritati, gli applausi che riconoscono un cambiamento, ciò che sei riuscito a fare e diventare».
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